Immagine della Chimera di Arezzo

Riaperta la Sala della Chimera al Museo Archeologico Nazionale di Firenze

Ven, 28/11/2025 - 11:00

La Chimera di Arezzo torna visitabile con un nuovo allestimento monumentale e immersivo pensato per favorire un rapporto personale e immersivo del visitatore con l’opera più iconica e conosciuta dell’arte etrusca.

La nuova sala presenta quattro panche disposte in cerchio intorno alla statua di bronzo del mitico animale, la bestia dai tre corpi sconfitta dall’eroe Bellerofonte, invitando a un’osservazione ravvicinata e contemplativa.
La scultura, iscritta al numero 1 nell’inventario del Museo, è appartenuta fin dal suo ritrovamento al futuro Granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici, diventando subito uno dei pezzi più emblematici e preziosi della collezione medicea.
L’esperienza all’interno della sala è arricchita da una vetrina sospesa che custodisce tre piccoli bronzi etruschi, raffiguranti un grifone, il dio etrusco Tinia (Giove) e un giovane offerente, tutti provenienti dallo stesso contesto in cui la Chimera fu ritrovata, creando un dialogo silenzioso tra le opere e la loro storia.
La Chimera domina il centro della sala poggiando sul basamento monumentale, i suoi dettagli anatomici e i tratti più drammatici sono messi in risalto dalla nuova illuminazione, caratterizzata da un sapiente gioco di luci e ombre, che ne restituisce la vitalità e la profondità storica del mito in cui è avvolta. 

La sua è una lunga storia che risale al 15 novembre 1553 quando, durante gli scavi per la costruzione di un bastione nelle mura di Arezzo, è tornata alla luce presso la Porta di San Lorentino. La statua in bronzo, alta 80 cm e lunga 129, raffigurava la leggendaria creatura della mitologia greca. Sconfitta da Bellerofonte, la Chimera è rappresentata da un leone con il corpo possente, una criniera fiammeggiante, una testa di capro sul dorso e la coda a forma di serpente, di cui fu rinvenuto soltanto un frammento mai restaurato e reintegrato nella seconda metà del Settecento. 
Secondo le cronache dell’epoca, la statua colpì subito l’immaginazione degli scopritori per la sorprendente naturalezza e per la tensione drammatica del corpo ferito. Sulla zampa anteriore destra l’iscrizione etrusca tinścvil (“sacro”) si riferiva a Tinia, il Giove etrusco, che compare anche su altre figurine di animali mitologici e che rivela la natura di offerta votiva della statua, probabilmente deposta dai devoti in un santuario dell’antica Arezzo insieme ad altre statuette di bronzo.

Fin dalla sua scoperta la Chimera, in quanto capolavoro dell’arte etrusca, divenne il simbolo di uno dei punti centrali della politica di Cosimo I de’ Medici, che voleva riportare alla ribalta la cultura indipendente dei popoli dell’Italia prima del dominio dei Romani. La Chimera divenne così simbolo di continuità della Toscana con la grande civiltà etrusca, indipendente da Roma e portatrice di un’identità italiana autonoma e antica, capace di alimentare il mito di Firenze, non più solo come città del Rinascimento, ma anche come capitale dell’Etruria rinata.
“Domatore di tutte le fiere”, come scrive Giorgio Vasari, Cosimo I scelse da subito per la scultura la sede più prestigiosa: Palazzo Vecchio, centro del potere della Signoria e residenza dei Medici. La Chimera divenne così in poco tempo oggetto di ammirazione e studio. 
Nel suo corpo ibrido i Medici riconoscevano l’immagine della forza domata dalla ragione, l’essenza stessa del loro progetto politico di trasformare la molteplicità e la ribellione in armonia e governo.

Nel corso dei secoli, la Chimera continuò ad accompagnare le vicende della dinastia: nel 1718 fu trasferita per volere di Cosimo III alla Galleria degli Uffizi, mentre nel 1737 fu consegnata, insieme al resto della collezione medicea, al nuovo granduca Francesco Stefano di Lorena e alla sua discendenza dall’ultima erede dei Medici, Anna Maria Luisa, secondo i termini del Patto di Famiglia (ancora oggi valido): “che di quello che è per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri, non ne sarà nulla trasportato e levato fuori dalla Capitale”, ovvero da Firenze. 
Nel 1871 la statua, insieme agli altri Grandi Bronzi della collezione, venne trasferita nel nuovo Museo Egizio Etrusco per dotare Firenze, all’epoca capitale dell’Italia unita, di un museo dedicato all’identità archeologica nazionale. Successivamente, nel 1881, con l’istituzione del Regio Museo Archeologico di Firenze (oggi Museo Archeologico Nazionale di Firenze) e con lo spostamento delle collezioni presso la nuova sede del Palazzo della Crocetta, tutti i Grandi Bronzi trovarono la loro collocazione finale in uno spazio dedicato a tutelare la loro estrema delicatezza.
Trovò così compimento il disegno postunitario di costituire un museo dedicato al patrimonio archeologico dell'Italia Unita.